
E’ il primo paese al mondo a considerarlo un’attività sportiva, riconoscimento che dà diritto a una parte dei fondi per lo sport ricavati dalle lotterie e ad altri finanziamenti e benefici pubblici. Ma per i critici questa attività, incoraggia a rischiare e mette in pericolo i suoi praticanti
Sviluppatosi inizialmente in Francia negli anni ’80-’90, il Parkour ha preso piede a partire dal 2009 nel Regno Unito, dove viene chiamato anche free running. La prima richiesta di riconoscimento formale come disciplina sportiva fu presentata nel 2013: ci sono dunque voluti quattro anni a ottenere l’approvazione delle autorità. Ora potrà essere promosso e praticato anche nelle scuole di tutto il paese. “La bellezza del Parkour è che si può fare dovunque, a qualunque età”, commenta Sebastian Foucan, presidente di Parkour Uk, l’associazione che lo rappresenta in questo paese. “E’ molto di più che saltare di qua e di là, è una salutare celebrazione della vita, fatta in modo giocoso e rispettoso dell’ambiente”.
Ma non è sempre così, obiettano i critici di questa attività, secondo i quali il Parkour incoraggia a rischiare e mette in pericolo i suoi praticanti. A capodanno un celebre free runner inglese di 17 anni, Nye Frankie Newman, è morto in un incidente nel metrò di Parigi. Sebbene un suo amico neghi che il giovane stesse saltando da un treno all’altro, il Parkour è stato la causa della morte di vari ragazzi negli ultimi anni. La Cambridge University è particolarmente critica del Parkour, che ha molti seguaci nella cittadina universitaria, forse per la presenza di numerosi edifici storici che si prestano a evoluzioni e sfide fisiche. L’università lo definisce una “violazione del suolo pubblico” e una minaccia alla salute di praticanti e altre persone.
https://www.repubblica.it/sport/vari/2017/01/10/news/parkur_sport_ufficiale-155757396/
Tratto da La Repubblica, articolo di Enrico Franceschini